Materiale da Impatto

 

Libyan Silica Glass

 

Il vetro del deserto libico (o LDG, dall'inglese Libyan desert glass), è un materiale che si trova in alcune aree del Deserto Libico (situato nella parte orientale del Deserto del Sahara). Frammenti di vetro del deserto possono essere ritrovati su superfici estese anche decine di chilometri. L'origine del vetro del deserto libico è al centro di discussioni nella comunità scientifica, che ha formulato diverse teorie in evoluzione. L'origine meteorica è stata sostenuta da lungo tempo, e recenti ricerche hanno collegato il vetro alle impattiti, al quarzo vaporizzato e ai metalli meteorici, e comunque ad un cratere da impatto. Alcuni geologi non associano il vetro con eiezioni di prodotti fusi da impatto, ma con fusioni dovute a radiazione termica originata da esplosioni nell'atmosfera. Se l'ipotesi fosse verificata, il vetro sarebbe analogo alla trinitite, creatasi da sabbia esposta alle radiazioni termiche di una esplosione nucleare. La formazione del vetro del deserto libico è stata datata a circa 26 milioni di anni fa. Fu trattato con tecniche di scheggiatura e usato per la produzione di strumenti litici durante il Pleistocene.

 

 

L’Evento Tunguska

 

Con "evento di Tunguska" (in russo: Тунгусский феномен?) si indicano le conseguenze verificatesi in una remota regione della Siberia la mattina del 30 giugno 1908, a seguito del possibile impatto o esplosione, non ancora del tutto certo, di un grande meteoroide, o di una cometa. L'esplosione, avvenuta a un'altitudine di 5–10 chilometri dalla superficie terrestre, abbatté decine di milioni di alberi e generò un bagliore visibile a 700 km circa di distanza. È il più importante evento esplosivo naturale registrato nella storia recente in prossimità della Terra. La località prende il nome dal fiume Tunguska Pietrosa (in russo: Подкаменная Тунгуска?), che scorre nella parte settentrionale del Territorio di Krasnojarsk, nella Siberia centrale.

Alle ore 7:14 locale, 0:14 T.U., del 30 giugno 1908 un evento catastrofico ebbe luogo nelle vicinanze del fiume Tunguska Pietrosa (Podkamennaja Tunguska), abbattendo 60-80 milioni di alberi su una superficie di 2.150 chilometri quadrati. Si stima che l'onda d'urto dell'esplosione avrebbe potuto essere assimilabile a un terremoto di grado 8 della scala Richter. Un'esplosione di questa portata è in grado di distruggere una grande area metropolitana.

Il rumore dell'esplosione fu udito a 1.000 chilometri di distanza. A 500 chilometri alcuni testimoni affermarono di avere udito un sordo scoppio e avere visto sollevarsi una nube di fumo all'orizzonte. A 65 chilometri il testimone Semen Semenov raccontò di aver visto in una prima fase il cielo spaccarsi in due e un grande fuoco coprire la foresta e in un secondo tempo notò che il cielo si era richiuso, udì un fragoroso boato e si sentì sollevare e spostare fino a qualche metro di distanza.

L'onda d'urto fece quasi deragliare alcuni convogli della ferrovia transiberiana a 600 km dal punto di impatto. Si ritiene, in base ai dati raccolti, che la potenza dell'esplosione sia stata compresa tra 10 e 15 megatoni (40-60 petajoule), equivalente a circa mille bombe di Hiroshima. Altri effetti si percepirono persino a Londra, dove, in quel frangente, pur essendo mezzanotte il cielo era talmente chiaro e illuminato da poter leggere un giornale senza l'ausilio della luce artificiale

Il mineralologo russo Leonid Alekseevič Kulik credette di identificare il luogo dell'impatto in una foresta abbattuta presso il bacino del fiume Tunguska Pietrosa alle coordinate 60°53′40″N 101°53′40″E. Tra il 1927 e il 1939 Kulik organizzò quattro spedizioni, ma non fu mai trovato il cratere o altre evidenze dell'impatto. Per iniziativa di Kulik, e sotto la sua direzione, fu realizzata nel 1938, la prima ripresa aerofotografica della zona colpita dalla catastrofe utilizzando l'LZ 127 Graf Zeppelin.

A partire dal 1991 il dipartimento di fisica dell'Università di Bologna ha intrapreso una serie di spedizioni in Siberia allo scopo di studiare in loco l'evento e raccogliere campioni da analizzare in laboratorio. La spedizione era costituita da esperti in varie discipline, provenienti da varie università italiane e russe.

Essi non confutavano il fatto che il corpo fosse esploso a mezz'aria, ma ritenevano che solo un frammento dalle dimensioni di un metro circa, sopravvissuto all'esplosione, avesse dapprima colpito il suolo e successivamente formato il lago. Le loro ricerche hanno permesso di ricostruire una mappa più dettagliata sull'orientamento centrifugo degli alberi abbattuti e il riconoscimento di anomalie negli anelli di crescita degli alberi in corrispondenza dell'anno 1908. Le ricerche indicherebbero come localizzazione del cratere d'impatto del meteorite il lago Čeko, situato a circa 8 chilometri a nord-ovest dall'epicentro stimato dell'esplosione: la morfologia del lago e la struttura dei sedimenti suggeriscono che questo sia il sito d'impatto di un meteorite. L'analisi sul fondale del lago vicino all'epicentro stimato, condotta mediante l'uso di un sonar, ha rilevato una forma a cono che può essere riconducibile al cratere. Carotaggi effettuati sul fondale del lago indicano un'anomalia nei depositi sedimentari del terreno databile attorno al 1908, con una percentuale di minerali non coerente con il resto del territorio. Tale ipotesi è stata confermata inoltre da un piccolo batiscafo che ha potuto osservare il fondale, osservando gli alberi distrutti dall'esplosione.

I risultati della ricerca del 2009 condotta da Gasperini e altri ricercatori sono stati pubblicati sul sito Internet dell'Università di Bologna. Dopo aver prelevato e studiato alcuni reperti, si è trovata anche la presenza di materiale organico; ciò contribuisce all'ipotesi che tale lago si sia formato contemporaneamente all'evento di Tunguska.

Nel 2017, ulteriori analisi effettuate da ricercatori russi, hanno confutato la teoria secondo cui il lago Cheko è stato creato dall'evento di Tunguska. Le ricerche hanno usato la ricerca sul suolo per determinare che il lago ha 280 anni o anche molti di più; in ogni caso chiaramente più antico dell'evento di Tunguska. Analizzando il fondale del lago Cheko, è stato identificato uno strato di contaminazione da radionuclidi durante i test nucleari della metà del XX secolo a Novaya Zemlya.

La profondità di questo strato ha dato un tasso di sedimentazione medio annuo compreso tra 3,6 e 4,6 mm l'anno. Questi valori di sedimentazione sono inferiori alla metà di 1 cm/anno calcolato da Gasperini nella loro pubblicazione del 2009 sulla loro analisi del fondale del lago Cheko nel 1999. Gli scienziati russi nel 2017, hanno contato almeno 280 di tali varve annuali nel campione di fondale lungo 126 cm estratto dal fondo del lago, il che suggerisce un'età del lago più antico dell'evento di Tunguska.

Inoltre, ci sono problemi con la fisica dell'impatto: è improbabile che un meteorite sassoso del giusto intervallo di dimensioni abbia la forza meccanica necessaria per sopravvivere al passaggio atmosferico intatto, e che tuttavia mantenga una velocità abbastanza alta da scavare un cratere di quelle dimensioni una volta raggiunta superficie della terra

 

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